IL DOPO CORONAVIRUS
SECONDA PARTE: LA CRISI ECONOMICO-FINANZIARIA
Coronavirus, Galleria Vittorio Emanuele II a Milano, strade deserte e negozi chiusi
Cosa possiamo imparare e cambiare di fronte al coronavirus? Riscopriamo che la salute è un bene pubblico globale, che la sanità pubblica e il welfare sono attività fondamentali, alternative al mercato, che ci aspetta una crisi dell’economia, della finanza, dell’UE.
"Fra un po’ ci sarà una tale rovina sociale, con l’Europa che continua a non esistere, l’Italia che ciancia di Europa senza assumersi responsabilità… Per noi, sarà drammatico: questa crisi renderà i poveri più poveri e non avremo risorse sufficienti per affrontarne le conseguenze".
(Massimo Cacciari - 4 aprile 2020 -
intervista al Corriere della Sera)
“Se l’Europa, nella quale credo fermamente, vuole far sì che gli Stati membri siano egualmente rigorosi nei controlli sulla diffusione dei virus, eviti di “scaricare” chi lo è stato forse di più come l’Italia magari proponendone l’isolamento con l’esclusione da Schengen. Auspicio che sembra sia passato per la mente di qualcuno anche in Italia!! Bisognerebbe invece portare il bilancio della Ue dall’1% al 20% annuale (mentre oggi si discute sul più o il meno dello 0,1) perché solo così e con politiche di solidarietà creativa adatte al XXI secolo si darebbe all’Europa e a suoi cittadini la certezza di essere una Comunità forte. La Commissione von der Leyen ha programmi innovativi con il Green deal e con l’agenda digitale-intelligenza artificiale. La salute dei cittadini non è meno importante. Tuttavia con mini-bilanci comunitari non si andrà molto lontano su problemi globali che debordano la dimensione nazionale”.
(Alberto Quadrio Curzio – Economista, presidente emerito Accademia dei Lincei)
Grande è la crisi economico/finanziaria causata dalla pandemia del Coronavirus Covit-19 che ci ha colpito e si aggraverà nei prossimi mesi proprio in un momento in cui il Paese era già messo piuttosto male. Alla fine dello scorso anno, questi erano i numeri che ci ponevano a fanalino di coda della Comunità Europea: debito pubblico 2.409 miliardi pari al 136,6% del PIL, disoccupazione 2,5 milioni di residenti (9,8%), popolazione a rischio di povertà 17,4 milioni (29% della popolazione) di cui in povertà assoluta 5 milioni (8,4%). Che l’Italia fosse in recessione già prima della pandemia lo aveva rilevato anche il Fmi tagliando di quasi un punto la nostra crescita 2020. E si trattava di un rapporto derivante dall’ultima ispezione terminata il 28 gennaio, quando non era ancora scoppiata l’epidemia coronavirus nel nostro Paese. Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte dichiarò l’emergenza il 31 gennaio, in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza del coronavirus e il decreto fu pubblicato il 1° febbraio sulla Gazzetta Ufficiale. Da allora è stato un susseguirsi di messaggi di allarme, dalle Istituzioni ai media alle organizzazioni sindacali, che ci hanno bombardato per avvisarci della crisi incombente dell’economia e della finanza. Purtroppo, anche se il martellamento sulla tempesta annunciata ha aggravato la situazione già grave per l’isolamento forzato e la paura del contagio in cui ci trovavamo, era una previsione più che attendibile. Nel momento in cui ci stiamo avviando alla fase 2 (quella intermedia tra l’isolamento totale e la liberazione totale), il problema della crisi economica/finanziaria è diventato il pericolo più grave con cui dovremo fare i conti nell’immediato futuro. Credo che per affrontare quest’ultima battaglia e poter dire di aver vinto la guerra contro quell’essere piccolissimo, il virus, che sta mettendo in ginocchio il mondo intero, occorra guardare la realtà che ci si presenta: una situazione del tutto particolare mai verificatasi in passato per questo tipo di guerra. Oggi, da una parte c’è stato il virus che ha aggredito il mondo tutto insieme, dall’altra il mondo che non ha reagito unito con le stesse tattiche di guerra. E questa situazione nella quale ci siamo trovati per la battaglia in campo medico, ce la ritroviamo anche per quella in campo economico. Ogni Paese sta pensando troppo a se stesso, addirittura nell’ambito della Comunità Europea. Non ci resta che l’arma del debito, ogni Paese dovrà immettere liquidità in tutti i settori aumentando il proprio debito. Noi dovremo aumentare il nostro peraltro già enorme, che graverà sulle spalle dei nostri nipoti. Come afferma il Prof. Massimo Giannini dell’Università di Tor Vergata, non trattandosi di shock asimmetrico ma di crisi globale è evidente che in questo caso non potrà arrivare un “Piano Marshall” da parte di un qualsiasi altro Stato le cui conseguenze economiche saranno tutte da verificare come le nostre, pertanto l’unico strumento efficace in questo contesto è la politica fiscale in deficit, e questo ormai è chiaro a tutti.
Voglio sperare che almeno, come dice don Antonio Mazzi, oltre ai debiti, lasciamo ai nostri nipoti la prospettiva di vivere in un mondo migliore dove tutti saranno vogliosi di stare insieme: “… Ieri eravamo mezzi uomini e mezze macchine produttive, dotate di tecnologie, sempre più raffinate, ma con l’unico scopo di produrre. Il domani sarà vero se da macchine torneremo creature, figli del mondo, col sorriso, con la parola sempre appena nata dentro, contenti del necessario per vivere, ma soprattutto vogliosi di stare insieme. Insieme, come voce del verbo esistere. Questo virus può essere interpretato così? E la nostra storia tornare semplice, autentica? …” Sinceramente io spero proprio che questo avvenga, altrimenti che senso avrebbero avuto tutti i sacrifici e i morti che questa guerra ci ha costretti a subire?
Dal punto di vista operativo il Governo ha istituito una task force che dovrà impostare le direttive per la ripresa guidata da un manager privato che ha avuto un grande successo alla guida di importanti aziende multinazionali: Vittorio Colao. Il team che guiderà Colao dovrà, secondo le parole del Premier Conte, "modificare le logiche dell’organizzazione del lavoro sin qui consolidate, di ripensare alcuni radicati modelli organizzativi di vita economica e sociale". Credo che questa sia una buona idea. Dato che personalmente conosco bene sia il management privato per aver trascorso l’intera vita lavorativa in aziende multinazionali sia quello pubblico per aver avuto lo Stato come cliente principale, posso garantire che solo il privato potrebbe modificare, in tempi accettabili, un cambiamento radicale dell’impostazione e dell’organizzazione del lavoro fin qui adottate. Ma non sarà facile. Se pensiamo che solo uniti usciremo vincenti nella lotta contro il virus, così come sempre uniti vinceremo la crisi post-pandemia, ci rendiamo conto di quanto complicato, forse irraggiungibile, sia l’obiettivo da raggiungere. Sarà necessario superare i concetti che abbiamo posto a base del nostro capitalismo: il mercato e il raggiungimento comunque dell’utile. Infatti la pandemia e la crisi che ne è conseguita si supereranno solo se ciascuna nazione non penserà di poter fare da sola. In un mondo globalizzato, una volta azzerati i contagi interni c’è sempre il pericolo di quelli di ritorno dagli altri Paesi, così come nell’economia siamo interdipendenti, se una nazione va in default trascina anche le altre, specialmente quelle dello stesso continente. Allo stesso modo come l’umanità è interconnessa biologicamente (siamo tutti collegati da una rete di microrganismi per cui la salute di un individuo dipende dalla salute di tutti), è integrata dal punto di vista economico e finanziario (è pazzesco navigare nel benessere quando nel Paese accanto si muore di fame). Da qui ne conseguono due concetti: il primo, la nazione che avrà scoperto il vaccino deve accordarsi con le altre a livello mondiale per la produzione e la distribuzione dello stesso a prezzi contenuti a tutto il mondo. Il secondo, le nazioni ricche dovranno mettere a disposizione anche di quelle più povere i fondi necessari per superare la crisi economico/finanziaria globalmente ed evitare possibili conflitti sociali che contagerebbero anche loro. Ecco perché giocherà un ruolo essenziale la Comunità Europea. E’ fattibile? Forse sì, ma sarà molto difficile. Speriamo che il Covid-19 faccia crescere in tutti noi l’amore per il prossimo e ci faccia render conto che, mai come in questo momento, l’amore per il prossimo corrisponde all’amore per sé stessi.
Ci salveremo solo tutti insieme, oppure ci perderemo ognuno per conto suo!
Gian Paolo Di Raimondo
Roma 1 maggio 2020