“Non
mi voleva più, l’ho accoltellata e bruciata viva”.
Così il 17enne fermato a Corigliano Calabro, in provincia di Cosenza,
per l’uccisione della 15enne Fabiana Luzzi ha detto ai carabinieri. Il
suo atteggiamento è stato piuttosto spavaldo, per nulla pentito, come se
avesse fatto la cosa più normale di questo mondo. E’ uno degli ultimi
atroci avvenimenti accaduti nella nostra società malata.
Il problema della violenza sulle donne e il femminicidio -
specialmente a livello domestico - sono all’ordine del giorno e la
politica deve affrontare il fenomeno con la massima urgenza. Purtroppo
siamo partiti male: la discussione sulla ratifica della “Convenzione
di Istanbul contro la violenza di genere” è iniziata lunedì 27
maggio in un’aula di Montecitorio semivuota (come dimostra la foto qui
sopra). Che figura! Ma non si sapeva che il lunedì è una giornata “no”
per il Parlamento? Encomiabile l’atteggiamento del Presidente Laura
Boldrini che sta tentando di far lavorare i parlamentari almeno cinque
giorni la settimana come tutti i cittadini italiani, ma le cattive
abitudini sono difficili da superare!
Per fortuna il giorno successivo, il 28 maggio, la Camera dotata di una
buona presenza di Deputati ha approvato all’unanimità il provvedimento
di ratifica con 545 voti su 545 presenti.
Vediamo in cosa consiste la Convenzione di Istanbul. Si tratta
della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la
lotta contro ogni forma di violenza, fisica e psicologica, nei confronti
delle donne, dallo stupro allo stalking, dai matrimoni forzati alle
mutilazioni genitali. Il testo, siglato l’11 maggio del 2011 a Istanbul,
con i suoi 81 articoli impegna gli Stati a tutti i livelli alla
prevenzione eliminando al contempo ogni forma di discriminazione e
promuovendo “la concreta parità fra i sessi, rafforzando l’autonomia
e l’autodeterminazione delle donne”. La Convenzione interviene anche
sulla violenza domestica e rappresenta il primo strumento internazionale
giuridicamente vincolante che mira a creare un quadro normativo completo
a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza. L’Italia
diventa il quinto paese ad aver ratificato il provvedimento che, per
diventare esecutivo a tutti gli effetti, deve essere approvato da altri
cinque paesi dell’Unione.
E’ naturale che si tratti di un notevole passo avanti per cercare di
porre un limite anche al dilagante fenomeno impressionante del
femminicidio: in Italia, secondo l’Istat, sono 124 le donne uccise nel
2012. Ora che si è fatto il primo passo, è necessario proseguire su
questa strada e approvare le leggi necessarie per la rapida attuazione
della Convenzione con la quale, come spiega il Presidente della Camera,
“per la prima volta la violenza contro le donne viene incardinata
nell’ambito della violazione dei diritti umani; ovvero dei diritti
fondamentali della persona”.
Pur approvando tali prese di coscienza del fenomeno “violenza di
genere” per promuovere leggi adeguate alla sua prevenzione e
contrasto, sono fermamente convinto che ciò non sia sufficiente per
arrestare gli eventi nefasti che ammorbano anche la nostra società che,
pur ritenendosi moderna e libera dal concetto imperante nei secoli
scorsi dell’uomo dominante sulla donna, nei fatti e specialmente
nell’ambito domestico, dimostra di considerare la donna a un livello
inferiore e quindi sottoposta all’uomo. Da qui, proprio dalla mancata
accettazione della parità dei sessi e dell’autodeterminazione della
donna, conseguono atteggiamenti e a volte atti di violenza fisica e
psicologica del maschio sulla femmina. Quindi il lavoro da fare sarà
lungo e laborioso: è necessario far dimenticare all’umanità concetti
filosofici e religiosi sedimentatisi nei secoli passati.
Bisogna lavorare soprattutto in famiglia, nelle scuole, nelle comunità
parrocchiali perché subentri appieno la parità sessuale e manifestazioni
come far studiare il figlio maschio e relegare la figlia a un ruolo
domestico, considerare il bullismo un peccato veniale e altre
piccole cose della vita giornaliera che creano disparità tra maschi e
femmine, siano fermamente censurate senza possibilità di equivoco. Per
quanto riguarda la famiglia, il compito maggiore l’ha proprio la donna,
la madre che, essendo l’artefice principale dell’educazione dei figli,
dovrà finalmente smetterla di creare percorsi preferenziali per il
figlio maschio. Purtroppo, anche dal punto di vista dell’attuazione
della democrazia nelle istituzioni, è passato troppo poco tempo da
quando le donne hanno acquisito i diritti paritari all’uomo e ciò si
risente. Il diritto di voto alle donne fu introdotto nella legislazione
internazionale nel 1948 quando le Nazioni Unite adottarono la
Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo. Come stabilito
dall'articolo 21 “Chiunque ha il diritto di prendere parte al governo
del proprio paese, direttamente o attraverso rappresentanti liberamente
scelti. La volontà del popolo dovrà costituire la base dell'autorità di
governo; questa sarà espressa mediante elezioni periodiche e genuine che
si svolgeranno a suffragio universale e paritario e che saranno tenute
mediante voto segreto o mediante procedure libere di voto equivalenti.”
Il
suffragio femminile viene anche esplicitamente considerato un diritto
sotto la Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione
della donna, adottata dalle Nazioni Unite nel 1979. La recente
Convenzione di Istanbul rappresenta un ulteriore necessario passo avanti
su questa strada. Anche la nostra Chiesa ha fatto passi da gigante su
questo fronte... Il cammino è stato e credo che continuerà ad essere
ancora lungo se pensiamo che da soli pochi anni, grazie al Concilio
Vaticano II, sia sparito completamente anche il termine “sottomissione”
all’uomo. Ora è necessario che le nuove generazioni metabolizzino il
concetto cristiano, ignorato per secoli, dell’importanza che Gesù ha
sempre dato alle donne. Papa Francesco l’ha recentemente ricordato: "E'
bello che le donne siano le prime testimoni della Risurrezione. Gli
evangelisti hanno solo raccontato quello che le donne hanno visto. E' un
po' la missione delle donne dare testimonianza ai loro figli e ai nipoti
che Gesù è risorto. Questo è anche un segno della storicità dei racconti
evangelici, giacché nel mondo ebraico le donne non avevano dignità di
testimoni. E se i Vangeli glielo assegnano, vuol dire che il racconto è
autentico. Mamme e donne, avanti con questa testimonianza", ha
scandito Bergoglio, ricordando come "le donne nella Chiesa e nel
cammino di fede abbiano un ruolo particolare: aprire le porte al
Signore". "Comunicarlo - ha detto - ha bisogno dello sguardo
semplice e profondo dell'amore". Quale omaggio migliore poteva fare
alle donne?
Gian Paolo
Di Raimondo
gianpaolo.diraimondo@fastwebnet.it
Roma, 2 giugno 2013
www.omelie.org/approfondimenti
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