Avevo preparato il mio
contributo agli approfondimenti del mese di ottobre con un altro
articolo sul rapporto tra scienza e fede, ma sono stato particolarmente
colpito dal viaggio del Papa a Cuba e negli USA che non ho potuto esimermi
dallo scrivere un resoconto di quest’evento che definirei epocale per il suo
significato storico.
Papa Francesco è il terzo
pontefice che ha visitato l’isola caraibica. Prima di lui a Cuba sono andati
Giovanni Paolo II (nel gennaio 1998) e Benedetto XVI (nel marzo 2012). Ma
per Francesco questo viaggio aveva un significato particolare: sugellare la
fine della tensione che ha diviso per lunghi anni Cuba dagli Stati Uniti,
avendo proprio lui contribuito – con la sua autorevole mediazione – alla
ripresa delle relazioni diplomatiche tra i due Stati e la conseguente
riapertura delle relative ambasciate. E’ chiaro che tale mediazione si è
resa possibile per la grande stima che il pontefice riscuote nel mondo,
soprattutto a livello personale da Obama e, da uomo sudamericano, anche dai
fratelli Castro. E’ nota la sua opinione sul capitalismo che, senz’altro,
crea ricchezza ma che, una sua versione sfrenata porta con sé
inevitabilmente alla “cultura dello scarto”. I suoi punti essenziali
per una corretta interpretazione del Vangelo sono, infatti, l’ecologia (il
diritto alla partecipazione di tutti all’uso dei beni del creato) e la
particolare attenzione ai poveri (evitando che si determini la cultura
dello scarto, ma si abbia il rispetto di tutti gli esseri umani). Questa
la sua famosa frase che ripete sovente: “Per favore, siate custodi
della creazione, dell’altro, dell’ambiente”.
Questi concetti sono stati il costante
leitmotiv dei suoi discorsi in USA, sia al Congresso che alle Nazioni
Unite. Il Papa ha cercato di scuotere le coscienze dei potenti del mondo
senza avere il timore di scontentare una parte o l’altra dei suoi
ascoltatori, come si è notato molto bene durante i suoi interventi. Ma
vediamo in sintesi cosa ha cercato di trasmettere ai rappresentanti del
popolo statunitense e mondiale nella “terra dei liberi e casa dei valori”,
come egli stesso ha definito gli Stati Uniti d’America.
Al Congresso, dopo aver ricordato quattro
grandi americani che hanno dato forma a valori fondamentali che
resteranno per sempre nello spirito del popolo americano, Abraham
Lincoln, Martin Luther King, Doroty Day e Thomas Merton, ha affrontato i
seguenti punti cruciali per superare le sfide del mondo moderno
globalizzato:
- Evitare la tentazione
di ridurre tutto solo alla semplicistica divisione tra bene e male, tra
giusti e peccatori. Il mondo contemporaneo, con le sue ferite aperte
che toccano tanti dei nostri fratelli e sorelle, richiede che
affrontiamo ogni forma di polarizzazione che potrebbe dividerlo tra
questi due campi. Sappiamo che nel tentativo di essere liberati dal
nemico esterno, possiamo essere tentati di alimentare il nemico interno.
Imitare l’odio e la violenza dei tiranni e degli assassini è il modo
migliore per prendere il loro posto. Questo è qualcosa che voi, come
popolo, rifiutate. La nostra, invece, deve essere una risposta di
speranza e di guarigione, di pace e di giustizia.
- In questa terra le
Religioni hanno sempre contribuito a costruire e a rafforzare la
società. E’ importante che oggi, come nel passato, la voce della fede
continui ad essere ascoltata, perché è una voce di fraternità e di
amore, che cerca di far emergere il meglio in ogni persona e in ogni
società. Tale cooperazione è una potente risorsa nella battaglia per
eliminare le nuove forme globali di schiavitù, nate da gravi ingiustizie
le quali possono essere superate solo grazie a nuove politiche e a nuove
forme di consenso sociale.
- Richiamando il “sogno”
di Martin Luther King di pieni diritti civili e politici per gli
Afro-Americani, ha affrontato anche l’attuale problema
dell’immigrazione. Mi rallegro che l’America continui ad essere, per
molti, una terra di “sogni”. Sogni che conducono all’azione, alla
partecipazione, all’impegno. Sogni che risvegliano ciò che di più
profondo e di più vero si trova nella vita delle persone. Negli ultimi
secoli, milioni di persone sono giunte in questa terra per rincorrere il
proprio sogno di costruire un futuro in libertà. Noi, gente di questo
continente, non abbiamo paura degli stranieri, perché molti di noi una
volta eravamo stranieri. Vi dico questo come figlio di immigrati,
sapendo che anche tanti di voi sono discendenti di immigrati.
Tragicamente, i diritti di quelli che erano qui prima di noi non sono
stati sempre rispettati. Per quei popoli e le loro nazioni, dal cuore
della democrazia americana, desidero riaffermare la mia più profonda
stima e considerazione. Quei primi contatti sono stati spesso turbolenti
e violenti, ma è difficile giudicare il passato con i criteri del
presente. Tuttavia, quando lo straniero in mezzo a noi ci interpella,
non dobbiamo ripetere i peccati e gli errori del passato. … Dobbiamo
evitare una tentazione oggi comune: Scartare chiunque si dimostri
problematico. Ricordiamo la Regola d’Oro: “Fai agli altri ciò che
vorresti che gli altri facessero a te” (Mt 7,12). Questa norma ci indica
una chiara direzione. Cerchiamo per gli altri le stesse possibilità che
cerchiamo per noi stessi.
- Richiamandosi, poi,
alla stessa Regola d’Oro dichiara che, per adempiere alla nostra
responsabilità di proteggere e difendere la vita, ha sempre sostenuto
l’abolizione globale della pena di morte. Sono convinto che questa
sia la via migliore, dal momento che ogni vita è sacra, ogni persona
umana è dotata di una inalienabile dignità, e la società può solo
beneficiare della riabilitazione di coloro che sono condannati per
crimini. Recentemente i miei fratelli Vescovi qui negli Stati Uniti
hanno rinnovato il loro appello per l’abolizione della pena di morte. Io
non solo li appoggio, ma offro anche sostegno a tutti coloro che sono
convinti che una giusta e necessaria punizione non deve mai escludere la
dimensione della speranza e l’obiettivo della riabilitazione.
- Affronta il punto a
lui più caro, quello di far uscire la gente dalla povertà estrema,
richiamandosi al movimento fondato dalla serva di Dio Dorothy Day (il
Catholic Worker Movement). Quanto cammino è stato fatto in questo
campo in tante parti del mondo! Quanto è stato fatto in questi primi
anni del terzo millennio per fare uscire la gente dalla povertà estrema!
So che voi condividete la mia convinzione che va fatto ancora molto di
più, e che in tempi di crisi e di difficoltà economica non si deve
perdere lo spirito di solidarietà globale. Allo stesso tempo desidero
incoraggiarvi a non dimenticare tutte quelle persone intorno a noi,
intrappolate nel cerchio della povertà. Anche a loro c’è bisogno di dare
speranza. La lotta contro la povertà e la fame deve essere combattuta
costantemente su molti fronti, specialmente nelle sue cause. So che
molti americani oggi, come in passato, stanno lavorando per affrontare
questo problema. Va da sé che parte di questo grande sforzo sta nella
creazione e distribuzione della ricchezza. Il corretto uso delle risorse
naturali, l’appropriata applicazione della tecnologia e la capacità di
ben orientare lo spirito imprenditoriale, sono elementi essenziali di
un’economia che cerca di essere moderna, inclusiva e sostenibile.
- Nella parte del suo
discorso dedicata all’attività imprenditoriale, definita “nobile
vocazione”, si sofferma ripetutamente sulla sua ultima Enciclica
Laudato si’ evidenziando che se comprende la creazione di posti di
lavoro è parte imprescindibile del servizio al bene comune. Questo
bene comune include anche la terra, tema centrale dell’Enciclica che ho
recentemente scritto, per «entrare in dialogo con tutti riguardo alla
nostra casa comune» (ibid., 3). «Abbiamo bisogno di un confronto che ci
unisca tutti, perché la sfida ambientale che viviamo, e le sue radici
umane, ci riguardano e ci toccano tutti» (ibid., 14). Nell’Enciclica
Laudato si’ esorto ad uno sforzo coraggioso e responsabile per «cambiare
rotta» (ibid., 61) ed evitare gli effetti più seri del degrado
ambientale causato dall’attività umana. Sono convinto che possiamo fare
la differenza e non ho dubbi che gli Stati Uniti - e questo Congresso –
hanno un ruolo importante da giocare. Ora è il momento di azioni
coraggiose e strategie dirette a implementare una «cultura della cura»
(ibid., 231) e «un approccio integrale per combattere la povertà, per
restituire la dignità agli esclusi e nello stesso tempo per prendersi
cura della natura» (ibid., 139). Abbiamo la libertà necessaria per
limitare e orientare la tecnologia (cfr ibid., 112), per individuare
modi intelligenti di «orientare, coltivare e limitare il nostro potere»
(ibid., 78) e mettere la tecnologia «al servizio di un altro tipo di
progresso, più sano, più umano, più sociale e più integrale» (ibid.,
112). Al riguardo, ho fiducia che le istituzioni americane di ricerca e
accademiche potranno dare un contributo vitale negli anni a venire.
- Per esortare tutti gli
uomini di buona volontà alla pace e le Nazioni al dialogo richiama
l’attenzione su Thomas Merton (uno dei quattro grandi americani con cui
ha iniziato il discorso). Egli fu anche uomo di dialogo, un promotore
di pace tra popoli e religioni. In questa prospettiva di dialogo, vorrei
riconoscere gli sforzi fatti nei mesi recenti per cercare di superare le
storiche differenze legate a dolorosi episodi del passato. È mio dovere
costruire ponti e aiutare ogni uomo e donna, in ogni possibile modo, a
fare lo stesso. Quando nazioni che erano state in disaccordo riprendono
la via del dialogo – un dialogo che potrebbe essere stato interrotto per
le ragioni più valide – nuove opportunità si aprono per tutti. Questo ha
richiesto, e richiede, coraggio e audacia, che non vuol dire
irresponsabilità. Un buon leader politico è uno che, tenendo presenti
gli interessi di tutti, coglie il momento con spirito di apertura e
senso pratico. Un buon leader politico opta sempre per «iniziare
processi più che possedere spazi» (Esort. ap. Evangelii gaudium,
222-223).
- Infine chiude con una
esortazione (forse, a mio avviso, la meno gradita dagli astanti) sulla
pericolosa vendita di armi mortali a coloro che le utilizzano per creare
sofferenze e morte e, alla domanda del perché si continua a farlo
impunemente, risponde. Purtroppo, la risposta, come tutti sappiamo, è
semplicemente per denaro: denaro che è intriso di sangue, spesso del
sangue innocente. Davanti a questo vergognoso e colpevole silenzio, è
nostro dovere affrontare il problema e fermare il commercio di armi.
Ed ecco cosa ha detto papa
Francesco alla 70.ma Sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
Dopo i saluti di rito, ha iniziato il suo intervento elencando i quattro
suoi predecessori che lo hanno preceduto nelle Assemblee dell’ONU: Paolo VI
nel 1965, Giovanni Paolo II nel 1979 e nel 1995 e Benedetto XVI nel 2008.
Tutti i Papi della Chiesa Cattolica fino ad ora intervenuti hanno
riconosciuto all’Organizzazione una risposta giuridica e politica adeguata
al momento storico per porre un limite all’affermazione del potere
tecnologico dei singoli Stati che nelle mani di ideologie nazionalistiche o
falsamente universalistiche potrebbe produrre tremende atrocità. Papa
Francesco si associa, quindi, all’apprezzamento dei suoi predecessori.
Nel descrivere il suo
discorso, elencherò i punti essenziali ed originali toccati trascrivendo
anche parte delle sue parole.
- Innanzi tutto
ribadisce il compito dell’ONU stabilito dalla sua Carta costituzionale
per mettere in risalto l’importanza della limitazione del potere quale
idea implicita nel concetto di diritto. Dare a ciascuno il suo,
secondo la definizione classica di giustizia, significa che nessun
individuo o gruppo umano si può considerare onnipotente, autorizzato a
calpestare la dignità e i diritti delle altre persone singole o dei
gruppi sociali.
- Ripete, quindi,
l’esortazione al “diritto dell’ambiente” in quanto come esseri umani
viviamo in comunione con esso, allo stesso modo come aveva fatto nel suo
precedente discorso al Congresso, richiamando parte della sua Enciclica
(Laudato si’). Qualsiasi danno all’ambiente, pertanto, è un danno
all’umanità. ... Noi cristiani, insieme alle altre religioni monoteiste,
crediamo che l’universo proviene da una decisione d’amore del Creatore,
che permette all’uomo di servirsi rispettosamente della creazione per il
bene dei suoi simili e per la gloria del Creatore, senza però abusarne e
tanto meno essendo autorizzato a distruggerla. Per tutte le credenze
religiose l’ambiente è un bene fondamentale.
-
Torna anche sul concetto di giustizia
in senso lato e di giustizia sociale in particolare. Il mondo
chiede con forza a tutti i governanti una volontà effettiva, pratica,
costante, fatta di passi concreti e di misure immediate, per preservare
e migliorare l’ambiente naturale e vincere quanto prima il fenomeno
dell’esclusione sociale ed economica, con le sue tristi conseguenze di
tratta degli esseri umani, commercio di organi e tessuti umani,
sfruttamento sessuale di bambini e bambine, lavoro schiavizzato,
compresa la prostituzione, traffico di droghe e di armi, terrorismo e
crimine internazionale organizzato. È tale l’ordine di grandezza di
queste situazioni e il numero di vite innocenti coinvolte, che dobbiamo
evitare qualsiasi tentazione di cadere in un nominalismo declamatorio
con effetto tranquillizzante sulle coscienze. Dobbiamo aver cura che le
nostre istituzioni siano realmente efficaci nella lotta contro tutti
questi flagelli.
-
Insiste sul fatto che lo sviluppo umano
integrale e il pieno esercizio della dignità umana non possono essere
imposti, ma si devono creare le condizioni perché ciascuno possa
costruirli e realizzarli. Questo suppone ed esige il
diritto all’istruzione – anche per le bambine (escluse in alcuni luoghi)
– che si assicura in primo luogo rispettando e rafforzando il diritto
primario della famiglia a educare e il diritto delle Chiese e delle
altre aggregazioni sociali a sostenere e collaborare con le famiglie
nell’educazione delle loro figlie e dei loro figli. L’educazione, così
concepita, è la base per la realizzazione dell’Agenda 2030 e per il
risanamento dell’ambiente. Al tempo stesso, i governanti devono fare
tutto il possibile affinché tutti possano disporre della base minima
materiale e spirituale per rendere effettiva la loro dignità e per
formare e mantenere una famiglia, che è la cellula primaria di qualsiasi
sviluppo sociale.
- Si sofferma sulla
necessità di porre alcuni limiti etici naturali per lo sviluppo umano
integrale. Primi fra tutti “salvare le future generazioni dal flagello
della guerra” e di “promuovere il progresso sociale e un più elevato
livello di vita all’interno di una più ampia libertà”. La guerra è la
negazione di tutti i diritti e una drammatica aggressione all’ambiente.
Se si vuole un autentico sviluppo umano integrale per tutti, occorre
proseguire senza stancarsi nell’impegno di evitare la guerra tra le
nazioni e tra i popoli. A tal fine bisogna assicurare il dominio
incontrastato del diritto e l’infaticabile ricorso al negoziato, ai
buoni uffici e all’arbitrato, come proposto dalla Carta delle Nazioni
Unite, vera norma giuridica fondamentale…Occorre impegnarsi per
un mondo senza armi nucleari, applicando pienamente il Trattato di non
proliferazione, nella lettera e nello spirito, verso una totale
proibizione di questi strumenti… Nelle guerre e nei conflitti ci sono
persone, nostri fratelli e sorelle, uomini e donne, giovani e anziani,
bambini e bambine che piangono, soffrono e muoiono. Esseri umani che
diventano materiale di scarto mentre non si fa altro che enumerare
problemi, strategie e discussioni…Come ho chiesto al Segretario Generale
delle Nazioni Unite nella mia lettera del 9 agosto 2014, «la più
elementare comprensione della dignità umana [obbliga] la comunità
internazionale, in particolare attraverso le norme e i meccanismi del
diritto internazionale, a fare tutto il possibile per fermare e
prevenire ulteriori sistematiche violenze contro le minoranze etniche e
religiose» e per proteggere le popolazioni innocenti.
- Si sofferma anche su
un altro tipo di conflittualità che comporta la morte di milioni di
persone. Il fenomeno del narcotraffico che rappresenta oggi un altro
tipo di guerra “sopportata” e debolmente combattuta. Il narcotraffico
per la sua stessa natura si accompagna alla tratta delle persone, al
riciclaggio di denaro, al traffico di armi, allo sfruttamento infantile
e ad altre forme di corruzione. Corruzione che è penetrata nei diversi
livelli della vita sociale, politica, militare, artistica e religiosa,
generando, in molti casi, una struttura parallela che mette in pericolo
la credibilità delle nostre istituzioni.
- E infine conclude con
l’indicazione di come deve essere inteso l’ONU, quale casa comune. La
casa comune di tutti gli uomini deve continuare a sorgere su una retta
comprensione della fraternità universale e sul rispetto della sacralità
di ciascuna vita umana, di ciascun uomo e di ciascuna donna; dei poveri,
degli anziani, dei bambini, degli ammalati, dei non nati, dei
disoccupati, degli abbandonati, di quelli che vengono giudicati
scartabili perché li si considera nient’altro che numeri di questa o
quella statistica. La casa comune di tutti gli uomini deve edificarsi
anche sulla comprensione di una certa sacralità della natura creata.
Gian Paolo Di
Raimondo
gianpaolo.diraimondo@fastwebnet.it
Roma, 1
ottobre 2015
www.omelie.org/approfondimenti
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