In questo caso, contrariamente a quanto
avvenuto in passato, la leadership a Trump gliel’hanno data gli elettori,
lui non aveva competenza politica, né carisma, né la capacità di convinzione su
un suo programma originale, ha solo interpretato il sentimento del popolo
americano. Dice infatti: “I am your voice”. Non c’è dubbio che anche
l’elezione di Trump sia un elemento - non il solo, ma certamente il più
importante - che rafforza il vento che spira in tutto il mondo contro i sistemi
di potere che fin’ora ci hanno governato.
Con il suo atteggiamento contro gli establishment di tutti gli Stati
americani, contro la globalizzazione e contro gli immigrati e le loro famiglie,
certamente rafforza i movimenti e i partiti che in Europa si oppongono alle
classi dirigenti dei loro paesi. Rafforza Grillo, la Le Pen, la lega di Salvini,
Orban in Ungheria, Hofer in Austria e tutti i partiti inglesi che hanno
determinato la Brexit e quelli tedeschi che insidiano la cancelliera Angela
Merkel. Soprattutto il fatto che Trump si sia conquistata la leadership
direttamente contro tutti i poteri forti, compreso quelli del suo partito, e
solo con l’appoggio del popolo, alimenta quel populismo che ormai sta
dilagando in tutto l’Occidente. Diverse sono le cause della grande
trasformazione dei sistemi politici tradizionali e del diffondersi
dell’anti-establishment e dell’antipolitica, di cui l’elezione di Trump non è
che una conseguenza.
Un certo numero di commentatori la fanno risalire alla caduta del muro di
Berlino: in questa sede mi limiterò ad individuarne alcune cause riferite
soprattutto al nostro Paese. La fine della guerra fredda, la globalizzazione, lo
sviluppo delle tecnologie di comunicazione di massa, i vincoli economici e della
finanza pubblica imposti dalla costruzione europea, sono stati gli elementi
principali della trasformazione in tutti i Paesi europei. In particolare in
Italia, dagli anni 1992/93 (tangentopoli) in poi, c’è stata anche una perdita di
rappresentatività dei nostri partiti seguita dall’impossibilità degli stessi a
sopportare la voragine di risorse necessarie alla loro sopravvivenza. Ovviamente
si erano abituati a spendere troppo! La dimostrazione è stata che il successo
elettorale del 1994 del nuovo partito di Berlusconi fu determinato dalla sua
capacità economica messa in gioco, e oggi, non appena l’ex cavaliere ha chiuso i
cordoni della borsa, il partito (Forza Italia) è crollato al 12%. A tutto ciò si
aggiunga anche la corruzione diffusasi nella burocrazia che ha creato come
conseguenza costi insopportabili per far funzionare l’apparato pubblico. Ad onor
del vero ci sono state anche cause oggettive: la crisi economica mondiale da cui
l’Europa stenta ad uscire e la notevole trasformazione della società che hanno
fatto perdere ai partiti quella carica vitale di quando si erano formati
nell’immediato dopoguerra. Il tramonto dei partiti e la riemersione periodica di
movimenti qualificati come “antipolitici” determinano, a mio avviso, il grave
pericolo di sostituire la democrazia elettorale-rappresentativa con strane forme
di partecipazione diretta della cittadinanza che affievoliscono la
responsabilizzazione dei rappresentanti con il potere di controllo solo da parte
dei rappresentati. Il forte vento di antipolitica che si è abbattuto su tutto
l’Occidente proviene soprattutto dalla eccessiva disuguaglianza causata dal
neoliberismo che ha creato larghe sacche di dissenso e conflitti sociali su cui
fanno presa movimenti sociopolitici che si contrappongono ai partiti
tradizionali.
Ma allora qual è un sistema ideale a cui aspirare per superare questo tipo di
organizzazione capitalista che alimenta le diseguaglianze - dove dei poveri, dei
deboli e degli esclusi nessuno si interessa - e che finalmente miri ad una
maggiore distribuzione della ricchezza? Per ora, visto il misero fallimento del
comunismo, non mi sembra ci siano soluzioni certe e programmi politici credibili
per proporre una terza via praticabile, al di là di qualche “bla bla bla”
elettoralistico. Per fortuna ci sono alcuni grandi personaggi che hanno
profetizzato una società basata sull’amore: il riferimento a Gesù Cristo è
scontato, ma ce ne sono stati anche molti altri, purtroppo tutti sempre
inascoltati. Uno di questi, ricordato anche da papa Francesco nel suo discorso
ai “movimenti popolari” del 5 novembre scorso, fu Martin Luther King, che
diceva:
«Quando ti elevi al livello dell’amore,
della sua grande bellezza e potere, l’unica cosa che cerchi di sconfiggere sono
i sistemi maligni. Le persone che sono intrappolate da quel sistema le ami, però
cerchi di sconfiggere quel sistema […] Odio per odio intensifica solo
l’esistenza dell’odio e del male nell’universo. Se io ti colpisco e tu mi
colpisci, e ti restituisco il colpo e tu mi restituisci il colpo, e così di
seguito, è evidente che si continua all’infinito. Semplicemente non finisce mai.
Da qualche parte, qualcuno deve avere un po’ di buon senso, e quella è la
persona forte. La persona forte è la persona che è capace di spezzare la catena
dell’odio, la catena del male»
Ed ora veniamo a noi. Il risultato del nostro
referendum confermativo sulla riforma costituzionale del 4 dicembre ha sancito
la grave sconfitta del Si con 18 punti percentuali di scarto (Si 40,89% No
59,11%). Avevo previsto che la consultazione, più che essere basata sul merito
delle modifiche della Costituzione, sarebbe diventata la cartina di tornasole
del grado di gradimento/rifiuto di Renzi, e così è stato.
Ovviamente Renzi ha preso atto della grave sconfitta e si è dimesso da capo del
Governo. Considerazione personale: ma valeva la pena di personalizzare e
drammatizzare così pesantemente questa riforma costituzionale, con tutti i
problemi – in alcuni casi di sopravvivenza – che abbiamo? Ai posteri l’ardua
sentenza.
Gian Paolo Di Raimondo
– Roma 12 dicembre 2016
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