IL MAGISTERO DELLA CHIESA
Il Magistero è la “regola prossima” del credere in Dio e si differenzia dalla Scrittura e dalla Tradizione
che sono la sua “regola remota”. Interpreta la Rivelazione e obbliga a credere
ciò che è contenuto in essa come oggetto di fede, per la salvezza eterna.
Più volte ho scritto sulla peculiarità del Magistero della Chiesa cattolica che governa e indirizza la nostra fede e trasmette nei secoli la dottrina rivelata agli apostoli da Gesù. Lo ritengo di capitale importanza e mi accorgo spesso nella quotidianità di come, grazie a esso, la nostra vita spirituale diventi “crocevia di scienza, filosofia e teologia” e quindi non lasci spazio alle arbitrarie interpretazioni delle Scritture e eviti costantemente di far collidere la fede con l’evoluzione della scienza e più in generale del pensiero umano; in pratica il Magistero permette una lettura del presente «illuminata dalla rivelazione divina». A me non sembra poco! E ritengo sia proprio questo ciò che distingue la nostra religione dalle altre confessioni monoteistiche. Grazie alla “Tradizione vivente”, costituita dal Magistero vivo e attuale del collegio apostolico in unione con il Papa, si viene ricondotti al giusto significato di quanto tramandato dalle Sacre Scritture e dalla Tradizione. E questo, lo sappiamo dalla memoria del passato, non è stato sempre un risultato facilmente acquisito e privo di tensioni, basti pensare ai casi della condanna a Galileo Galilei, dell’iniziale rifiuto di qualsiasi teoria dell’evoluzionismo e dell’inviolabilità del corpo umano dopo la morte. Per analizzare tale argomento prenderò
l’esempio del “caso Galileo” che ho studiato particolarmente a fondo e
ritengo la prova tangibile di come le S.Scritture debbano essere trattate,
comprese e contenute entro i confini della fede, senza attribuire loro
significati che non le sono propri. Riguardo a questo campo, per mantenere
un costante dialogo con il mondo della scienza e seguirne l’evoluzione, la
Chiesa si è dotata nel 1936 della Pontificia Accademia delle Scienze
e i diversi Papi susseguitisi, in occasione delle sue sessioni plenarie
hanno composto un esteso pensiero spirituale per armonizzare il rapporto tra
scienza e religione. Soprattutto Giovanni Paolo II ha osservato che le due
verità della fede e della scienza non possono mai contraddirsi e ha reso
evidente che, anche laddove ciò sembra accadere, lo si deve ad un’erronea
lettura del libro della Natura o del libro della Rivelazione Divina. Con
questi presupposti la Chiesa riabilitò Galileo e il suo pensiero. Il 31
ottobre 1992 Giovanni Paolo II tenne un discorso alla Pontificia
Accademia delle Scienze in occasione dell’Assemblea Plenaria in cui si
presentarono al Pontefice le conclusioni della Commissione - presieduta dal
cardinale Paul Poupard - istituita nel 1981 per esaminare l’intero contesto
del “caso Galileo”. In quell’occasione i discorsi del Papa e di Poupard
furono coraggiosi in quanto dovevano rappresentare la conclusione di un
lungo processo di chiarificazione e di ricerca della verità di una penosa e,
quanto mai controversa, disputa tra la Scienza e la fede. In ambedue i
discorsi si avvertiva la consapevolezza di un tragico malinteso, di alcuni
errori di giudizio e del fatto che l’intero episodio aveva causato una
barriera di sfiducia tra scienza e religione che le aveva divise per secoli.
Ma dobbiamo subito aggiungere che questa occasione non ha rappresentato
soltanto un momento di riflessione sul passato, a cui guardare con autentico
rammarico per i problemi che ne sono derivati. Si è trattato infatti anche
di un momento di riflessione sul futuro: infatti, è stata espressa la ferma
speranza che niente del genere possa verificarsi di nuovo e che la scienza e
la religione, in un’ottica di maggiore autocomprensione e reciproco dialogo,
possano affrontare insieme le varie aree problematiche che sorgeranno dalla
grande complessità delle attuali prospettive sul futuro. Per onorare la memoria di Galileo mi piace chiudere quest’articolo con le sue parole scritte in una copia del Dialogo: “Avvertite, teologi, che, volendo fare materia di fede le proposizioni attenenti al moto ed alla quiete del sole e della terra, vi esponete al pericolo di dover forse col tempo condannar d’eresia quelli che asserissero, la Terra star ferma e muoversi di luogo il Sole: col tempo, dico, quando sensatamente o necessariamente si fusse dimostrato, la Terra muoversi e ‘l Sole star fisso”. Grazie al Magistero noi Cattolici abbiamo evitato il ridicolo. Per fortuna anche negli altri due casi sopra presi in considerazione, la Chiesa ha riconosciuto la validità della teoria evoluzionistica (ormai sufficientemente provata per una serie di scoperte fatte), accettato l’asporto di organi da cadavere per trapiantarli a malati e permesso la cremazione. Tutto merito del benedetto Magistero!
Roma, 1 gennaio 2018 Gian Paolo Di Raimondo
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