Riflessione sulle Letture della Liturgia
27 luglio 2003
XVII Domenica per annum - Anno B

di  Piera Cori

 

“Dove troveremo tutto il pane per sfamare tanta gente dove troveremo tutto il pane se non abbiamo niente”.

Così, nei gruppi di ispirazione cristiana, e a volte nelle chiese, si cantava intorno agli anni ’70.

Proprio mentre leggevo la pagina di Vangelo della moltiplicazione dei pani, che la liturgia di questa 17a domenica ci propone, mi sono venute in mente queste parole.

Moltiplicare il pane. Un miracolo di cui ci sarebbe urgente bisogno anche oggi: basta guardare in un telegiornale le immagini di popoli affamati, bambini denutriti e morenti per dire l’urgenza di un prodigio così.

 

Invece abbiamo fatto quasi l’abitudine a questo atroce spettacolo.

Ci sentiamo impotenti davanti a tanto dolore. “Tu cosa puoi fare?” “Anche se dessi il tuo pasto di oggi, a chi basterebbe?”

Così “noi” da questa parte imprigionati in un sistema che fa del capitale la nuova grande divinità, e “loro”, dall’altra, schiavi sempre del sistema del dio denaro… che mette tutti ai suoi piedi senza scampo.

Anche quel giorno, la folla che seguiva Gesù era tanta. Cinquemila adulti, senza contare le donne e i bambini. Una cittadina affamata saliva la collina per ascoltare il Messia e la sua Parola.

Gesù rivolgendosi a Filippo, lo vuole mettere alla prova ponendo il problema del denaro come mezzo per risolvere la necessità: “Dove possiamo comperare il pane perché costoro abbiano da mangiare?”

Non è poi la nostra domanda davanti alle immagini di uomini donne e bambini affamati?

Filippo ci rappresenta, è l’immagine di noi dentro il sistema capitalistico. Lui, da uomo concreto, pratico, risponde che neppure il salario di sei mesi di lavoro basterebbe per un semplice spuntino,una merendina, un piccolo break diremmo oggi, e liquida il problema.

Senza denaro, senza compare, proclama una pubblicità di questo tempo, l’economia non gira e se non gira manca di tutto. E allora GRAZIE! GRAZIE! GRAZIE... Ma a dire quegli infiniti grazie non sono volti e voci di poveri, ma volti di gente che di fame certo non muore.

 

L’atteggiamento dell’altro discepolo, Andrea, è diverso. Egli si guarda intorno vede le possibilità che in quel luogo concretamente ci sono. Intravede una soluzione diversa dal comprare… C’è qui un ragazzo con cinque pani e due pesci, però, cinque pani e due pesci, che cosa sono per tutta quella gente?

Il ragazzo, da come ne parla Andrea, non è un personaggio della folla, ma uno che fa parte del gruppo dei discepoli… per questo Andrea sa di poter disporre di ciò che lui ha.

Anzi il ragazzo rappresenta, è l’immagine di tutto il gruppo dei discepoli che sta con Gesù.

È un ragazzo… il termine ragazzo non indica tanto uno di giovane età, ma uno che serve, è come se Andrea dicesse c’è un ragazzo di bottega, un servitore… con poche cose a disposizione.

Ecco nel “ragazzo” il gruppo dei discepoli che si presenta davanti all’umanità senza pretese e potere, ma come una comunità a servizio di tutti.

 

Gesù non bada al pessimismo dei discepoli, ma ordina loro di far sedere la folla in quel luogo erboso.

Mangiare adagiati è proprio degli uomini liberi… ecco la Nuova Pasqua che i discepoli e il popolo sono chiamati a fare con Gesù.

Nella prima Pasqua, quella dell’Esodo, il popolo mangia in piedi l’agnello, con i fianchi cinti e i sandali ai piedi … pronti a partire, a iniziare l’esodo di liberazione.

Qui si mangia adagiati nel “Luogo” che parla di presenza di Dio, del suo amore misericordioso. Si mangia sdraiati da uomini liberi perché in Gesù si arriva finalmente alla meta, alla Pasqua per sempre

E si mangia insieme, tutti insieme, come popolo nuovo, non più famiglia per famiglia.

Di quella folla che si era avvicinata a Gesù in situazione di indigenza, di dipendenza, Gesù con la Nuova Pasqua vuole fare un popolo di uomini liberi.

Ecco il segno prodigioso.

 

Gesù prende dalla comunità i cinque pani e i due pesci. Sette cose che dicono la pienezza, il tutto che viene messo a disposizione per essere distribuito.

Così Gesù insegna che la comunità deve trovare soluzioni da se stessa, senza creare dipendenze dal potere economico politico sociale che invece la priverebbe della libertà.

Gesù prende il tutto della comunità e su questo tutto pronuncia l’Azione di Grazie che introduce nella scena un nuovo personaggio Dio, il Padre.

Infatti solo dopo che si è stabilita la relazione con Dio, la folla può essere nutrita.

Rendere grazie a Dio, vuol dire riconoscere che tutto ciò che si possiede viene da Lui, e questo atteggiamento è fondamentale per liberare il discepolo, ma ogni uomo che accoglie Gesù, dall’egoismo e dell’accaparramento.

 

“Tutto ci viene da Te, e noi offriamo a te, Signore i doni della tua bontà”. Ecco il segreto dell’abbondanza.

Il miracolo allora è l’Amore, da parte di Dio e degli uomini. Dare tutto senza riservarsi nulla.

È a questo che siamo chiamati. San Paolo ci invita a comportarci in maniera degna della vocazione che abbiamo ricevuto…..

Senza l’amore non si può fare nulla. L’amore è il miracolo che anche oggi riesce a moltiplicare in Gesù i cinque poveri pani e i due pesci.

Dio ci ha dato tutto il pane per sfamare tanta gente, Dio ci ha dato tutto il pane anche se non abbiamo niente.