Riflessione sulle Letture della Liturgia
1 novembre 2003
Solennità di Tutti i Santi - Anno B

di omelie.org

 

Il brano del Vangelo di oggi – dedicato alle beatitudini – è talmente noto che la nostra attenzione, come spesso succede per le cose troppo note, tende a scivolare via. La mia proposta di lettura è: consideriamo e confrontiamoci con ogni singola frase del brano.

Ø     “Beati i poveri in spirito perché di essi è il regno del cielo”. Chi sono i poveri di spirito? Quelli che non praticano la furbizia, che non si dedicano a calcolare i vantaggi che ogni azione può loro provocare, che non hanno la mente ingombra di ambizioni, che non hanno brame di potere. Nel loro spirito c’è posto per accogliere Dio, in quanto il loro vivere terreno è – diremmo oggi – “senza sovrastrutture”. La famosa  frase di Santa Teresa – “nulla ti turbi, nulla ti spaventi; chi ha Dio nulla gli manca, solo Dio basta” – esprime lo stesso punto: quel che conta è l’essenziale.

Ø     “Beati gli afflitti perché saranno consolati”. La prima parte della frase ci sconvolge, in quanto spesso abbiamo paura della sofferenza. Pur consapevoli che il dolore è una componente della vita, non vorremmo che ci fosse. Che la croce la porti il Signore, che la portino gli altri… Perché dovrebbe toccare proprio a me? E viceversa: perché spesso sembra che gli altri stiano nella gioia ed io no? Chissà quante volte ognuno di noi si è fatto queste domande!! In una bellissima analisi di questa beatitudine, Carlo Maria Martini afferma: “l’afflizione proclamata come una beatitudine fluisce da uno sguardo contemplativo rivolto al mistero infinito di Dio e insieme da una considerazione piena di amore, di tenerezza e di compassione sulla condizione umana”. La buona novella qui proclamata dal Signore è che chi soffre e non ha nulla, troverà consolazione e salvezza nel Regno. È un rovesciamento totale della nostra percezione dello scorrere del tempo: quello che conta non sono i valori di un’epoca; ciò che conta è il nostro “nucleo essenziale”, quello per il quale un giorno renderemo conto a Dio della nostra esistenza e del nostro operato.

Ø     “Beati i miti…”; “Beati i misericordiosi..”; “Beati i puri di cuore….”. Qui vengono evocate tre qualità della persona: la mansuetudine, la generosità e la rettitudine nei pensieri e nelle opere. Qui l’importante sta nel non definire “in negativo” queste virtù. La mansuetudine non è rassegnazione. La generosità non è un’apertura di credito che, prima o poi, esigeremo. La rettitudine non è una mera intransigenza sui principi che, spesso, suscita conflitti anziché creare armonia. La mansuetudine è invece dolcezza verso l’altro e docilità verso di Lui. La misericordia è invece il compatire in senso latino, il “soffrire con”, la partecipazione al dolore dell’altro. La rettitudine è invece l’integrità di chi è sempre orientato, anche nel mondo reale, da un’etica. Si tratta quindi di tre mete da avere sempre davanti, verso cui tendere, per le quali lavorare sul nostro carattere.

Ø     Abbiamo quindi tre beatitudini ‘operative’: “beati quelli che hanno fame e sete della giustizia”; “beati gli operatori di pace”; “beati i perseguitati a causa della giustizia”. Queste beatitudini ci invitano all’azione, il Signore ci dice che essere cattolici è impegnarsi per la giustizia ed operare per la pace. Ma ciò equivale ad un’assunzione di responsabilità di ognuno di noi. Qualche tempo fa ho ascoltato al Convegno Nazionale di Mani Tese il Padre Comboniano Alex Zanotelli. Ho avuto la sensazione mentre  uscivo di aver sentito parlare “un operatore di pace” (ed anche di giustizia), così come ho spesso questa sensazione quando parlo coi ragazzi degli scout o vedo in opera tanti preti e suore e tanti laici che si dedicano a costruire un mondo diverso. Questo ci dice il Signore: è un obbligo di impegno che ci riguarda tutti, da cui non possiamo derogare, ognuno secondo le sue capacità.

Ø     “Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia”. Quest’ultima beatitudine ci chiama a dichiararci Suoi seguaci. Di solito, nella vita quotidiana, fuori dalla chiesa o dal gruppo religioso in cui siamo inseriti, non si parla di Dio, per una sorta di falso pudore, non si annuncia la nostra Fede, perché sembra desueto possedere un Credo: è molto più trendly possedere oggetti firmati, essere esteticamente “tirati” e socialmente “in”. Se riusciremo a manifestarci, anche se questo comporterà qualche critica, qualche sorriso compassionevole, qualche battuta al “vetriolo” da parte degli altri, il Signore ci promette una grande “ricompensa nei cieli”.

Riflettiamo ora su quanto precede.

Gesù ci dice oggi  che la via della santità è alla portata di tutti. Per essere santi si deve partire da noi stessi e lavorare seguendo la Via da Lui indicata. Nel cammino abbiamo l’esempio di chi ci è riuscito – i Santi che oggi festeggiamo e ricordiamo – e che era donna e uomo come noi.

Come compagni di viaggio abbiamo la preghiera e la comunità dei credenti.

Come sostegno abbiamo Lui, che si è offerto in sacrificio per noi con il Suo corpo ed il Suo sangue.

I beati sono quindi, come dice la prima lettura, “(coloro) che hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell’Agnello”.

Chiediamo al Signore (e a noi stessi) la forza e la voglia di iniziare il cammino di Santità.