Riflessioni sulle Letture della Liturgia
28 dicembre 2003
Sacra Famiglia - Anno C

 

di Alvise Bellinato

      

I TRE PIANI DI OGNI FAMIGLIA

Nelle nostre famiglie ci sono di solito tre piani distinti, in cui  si svolgono i rapporti e i conflitti.
Il primo piano riguarda il rapporto degli sposi tra loro, il secondo piano il rapporto con i figli, il terzo piano il rapporto della famiglia con Dio.

Nella liturgia odierna ci sono elementi abbondanti per svolgere il primo di questi tre piani, osservando da vicino la relazione tra Anna e suo marito Elkana oppure tra Maria e Giuseppe. Troviamo spunti anche per riflettere sul secondo piano, osservando il modo in cui queste due coppie impostano il dialogo con i loro figli. E infine possiamo meditare, specialmente nella seconda lettura, su come tutti noi (genitori e prole) siamo figli di Dio, e parte di un’unica grande famiglia, che è la famiglia trinitaria.

 Oggi, per non essere troppo lunghi, focalizziamo l’attenzione solamente su uno di questi livelli, cioè quello del rapporto tra genitori e figli.

 FIGLI NOSTRI?

Anni fa, durante la Messa conclusiva di un convegno dedicato alla famiglia cristiana, una coppia di genitori si avvicinò al microfono e pregò pressappoco così: “Signore, insegna a tutti noi genitori, che i nostri figli ci sono dati solo in affidamento. Sono innanzitutto figli tuoi. Aiutaci a capire che il nostro incarico è quello di accoglierli e crescerli nel tuo amore, perché imparino ad amarti e a camminare nella tua legge. Essi sono prima di tutto tuoi, poi nostri. Per questo ti preghiamo”.
Non so quante delle coppie presenti, mentre rispondevano il classico “Ascoltaci, o Signore” sarebbero state disposte in cuor loro a metter la firma su una preghiera come questa.
Ma mi pare che potremmo partire proprio da questa preghiera piena di fede, per fare la nostra riflessione oggi.
Abbiamo ascoltato, nella prima lettura, come Anna ed Elkana si recano al tempio per offrire al Signore il loro figlio Samuele. Più che di un offrire, si tratta quasi di un restituire. Samuele, ottenuto dal Signore come un dono, viene restituito al suo legittimo Padre, dopo essere stato svezzato ed educato. Potremmo dire che viene restituito al mittente. Il mittente è, ovviamente, Dio.

Anche Maria e Giuseppe, che hanno ottenuto Gesù come un dono (l’angelo Gabriele era stato fin troppo chiaro a questo proposito), si recano un giorno al tempio per presentarlo al Padre, per restituirlo al suo vero Padre. Anche loro si assumono fino in fondo la responsabilità dell’educazione e della crescita di Gesù, ma sanno di chi è veramente quel bambino.

Noi non siamo i padroni della vita di nessuno, nemmeno della nostra.
Solo Dio è il Signore della Vita. Nostra e dei nostri figli.
Il giorno del matrimonio il prete domanda agli sposi: “Siete disposti ad accogliere con amore i figli che Dio vorrà donarvi e a educarli nella legge di Cristo e della Chiesa?”.
Gli sposi cristiani sanno di non essere loro a creare i figli. Sanno di accoglierli come un dono da Dio. In affidamento, non come una proprietà privata.

Come impostare, allora, il rapporto genitori-figli?
Oggi è possibile imparare da Anna ed Elkana due atteggiamenti positivi, e da Maria e Giuseppe due virtù importanti per i genitori.
Partiamo dai due atteggiamenti positivi.

Accettare il distacco

Chi di voi ha dei figli adolescenti, provi ad immaginare cosa proverebbe se facesse quello che hanno fatto Anna ed Elkana: portare il proprio figlio al tempio e lasciarlo lì, non per una settimana, ma per tutta la vita! Qualcosa di simile succede ai genitori che accettano quando il figlio chiede di entrare in seminario o nella vita religiosa. Dal seminario, però, o dalla vita religiosa si può tornare a casa periodicamente, mentre Samuele sappiamo che al tempio ci è rimasto, e non è più tornato a casa.
Il distacco è sempre un momento difficile, e i genitori vorrebbero istintivamente evitarlo. Anche i figli, certe volte, fanno fatica ad accettare di staccarsi...a casa si sta tanto bene!
La Bibbia dice che il figlio “lascerà il padre e la madre, si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola” (Gen). Questa partenza dalla famiglia è un evento importante, che può costare sofferenze, ma deve accadere e deve essere affrontata. Se questo distacco non avviene, e continuano dipendenze o interferenze, spesso sono guai.
Anna ed Elkana riescono ad affrontare il momento del distacco con la forza della fede, e lo si capisce da vari dettagli: Elkana è assiduo nella pratica religiosa e va ogni anno in pellegrinaggio, è un uomo giusto e asseconda le ispirazioni della moglie. Anna offre una preghiera piena di fede al Signore. L’unanimità dell’adesione al progetto di Dio si vede bene nel loro prostrarsi, assieme, davanti al Signore.
Ecco allora una prima indicazione: i distacchi (di qualsiasi genere) vanno accettati e possono essere affrontati con la forza della preghiera, specie quella fatta in comune dai genitori.

Educare alla fede

Nei genitori di Samuele vediamo anche un secondo atteggiamento positivo.
Essendo una coppia di credenti, si comportano anche persone convinte della loro fede e capaci perciò di comunicarla al figlio. Si può dire che questo figlio è stato da loro ottenuto con la preghiera e poi offerto con la preghiera. In particolare Anna si dimostra una donna di fede genuina e forte. La sua supplica al Signore, per ottenere il dono di un bambino, è così forte, così viscerale, accompagnata da lacrime e sofferenza, che il Signore si degna di esaudirla. Il suo cantico di esultanza, alla nascita del figlio, è un attestato della sua esperienza di fede intima e convinta, come anche il nome da lei scelto per lui, Samuele, che significa “ottenuto dal Signore”. Oggi abbiamo ascoltato la sua determinazione: quando il bambino sarà divezzato lei lo porterà al tempio, “poi resterà là per sempre”. Quando il tempo arriva, Anna offre il figlio con poche parole, che sono come la sintesi della sua esperienza personale di vita con il Signore.
Per la verità nemmeno il marito scherza, in quanto a fede: la Bibbia ci parla dei suoi lunghi viaggi al tempio, dei sacrifici offerti ogni anno e della solidarietà con il voto espresso da Anna. La sua capacità di leggere la realtà con uno sguardo di fede profondo si nota anche nelle risposte che dà alla moglie.
Ecco allora un secondo suggerimento: i genitori sono i primi educatori alla fede.

Oggi molte famiglie tentano di delegare questo incarico ad altri (la scuola cattolica, la parrocchia, le varie associazioni), ma noi sappiamo che la testimonianza dei genitori è insostituibile e non deve essere delegata ad altri.

Maria e Giuseppe ci insegnano invece due virtù importanti dei genitori.

 

La responsabilizzazione

Proviamo a chiederci cosa accadrebbe in una delle nostre famiglie, se i due genitori si accorgessero “dopo una giornata di viaggio” di aver smarrito un loro figlio! Probabilmente si incolperebbero a vicenda, con vivaci discussioni, accusandosi reciprocamente di negligenza o superficialità. Ci sono coppie che non tolgono gli occhi dai figli nemmeno per 5 minuti. Eppure Maria e Giuseppe danno la chiara sensazione di essere due genitori molto moderni, e poco ossessivi: non sono a controllare continuamente dove sia il loro figlio. Gli lasciano una discreta libertà di movimento, senza ansie o patemi d’animo. Nei pellegrinaggi era abbastanza comune che i figli si allontanassero, per visitare i parenti, o viaggiassero con un altro clan della carovana. Vi erano sempre gli occhi vigili di un adulto, parente o vicino, a vegliare con discrezione.
Si può essere attenti, ma non ossessivi. Paterni, ma non pesanti. Vicini, ma non attaccaticci.  Responsabili, ma capaci di responsabilizzare.
L’interesse possessivo per i figli, da parte dei genitori, spesso serve a mascherare una difficoltà di rapporto di coppia. Ci si proietta in modo completo sul figlio, per compensare in qualche modo le carenze affettive del matrimonio. Ma la psicologia ci dice che il figlio si alimenta dell’amore reciproco di mamma e papà, più che di tutte le attenzioni su se stesso, capaci semmai di alimentare il narcisismo.

L’unanimità

Maria e Giuseppe dimostrano inoltre una sintonia e una unanimità di decisione che stupisce.
Già in occasione del concepimento verginale, riescono a gestire (aiutati in modo unico dalla grazia di Dio) le varie fasi del problema con calma e ragionevolezza, preoccupati sempre di difendere il buon nome e l’onore l’uno dell’altro. Così nel viaggio verso Betlemme, nella fuga in Egitto, nel ritorno a Nazareth dopo la morte di Erode e nell’adempimento dei doveri della Legge.
E oggi abbiamo udito Maria farsi voce di questa unanimità di sentimenti: “Tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo”. E’ una unanimità che rimane anche nella sofferenza, davanti alla risposta apparentemente brusca del figlio: entrambi infatti “non compresero le sue parole”.
Una volta si diceva che il contraddirsi a vicenda davanti ai figli fosse la forma migliore per rovinarli.Oggi forse si tende ad affrontare in modo più pluralistico la divergenza di opinioni tra genitori, riguardo agli atteggiamenti educativi da assumere nei confronti dei figli. Ma resta la necessità di quell’orientamento concorde di fondo, che è come l’anima del matrimonio cristiano.
E’ così che la Sacra Famiglia ci offre uno spunto di riflessione positivo su quell’essere “unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensiero e di intenti” (1 Cor 1,10), additato da S.Paolo come elemento tipico della comunità cristiana, e a maggior ragione della famiglia cristiana.

COSTRUIRE LA PACE, SEGNO DELL’AMORE

A questo punto, visto che abbiamo parlato sempre dei genitori, ci si potrebbe chiedere: dipende tutto dai genitori il buon funzionamento del rapporto genitori-figli?

Evidentemente no.
La Bibbia ci risponde sempre dividendo in due le responsabilità e gli impegni: i figli siano rispettosi verso i genitori, e i genitori non inaspriscano il rapporto (Cfr Ef 6,1-4 e Col 3, 20-21).
Oggi abbiamo evidenziato soprattutto l’atteggiamento educativo dei genitori, consapevoli delle conseguenze che un loro orientamento può avere sull’educazione dei figli. Ciò non esclude del tutto, però, come l’esperienza talvolta tristemente ci mostra, che la libertà dei figli li possa portare a volte molto lontano dagli insegnamenti ricevuti.
Fa riflettere la chiusa del Vangelo odierno: “Gesù tornò a Nazareth e stava loro sottomesso”.
Ma in un’altra parte del Vangelo si parla di un padre amoroso e di un figlio che approfittò di questo amore per rovinarsi.

Tuttavia non possiamo non ricordare come i genitori siano i primi testimoni dell’amore, capace di generare pace nella famiglia. “La pace infatti è segno dell’amore, è la sua conferma nella vita della famiglia. La pace è la gioia dei cuori; è il conforto nella fatica quotidiana. La pace è il sostegno che si offrono reciprocamente moglie e marito, e che i figli trovano nei genitori e i genitori nei figli” (Giovanni Paolo II).

Preghiamo perché le nostre famiglie possano essere il primo ambiente in cui creare la pace nel mondo.