Brano conosciutissimo, così come lo sono i numerosissimi e vari commenti pensati a nutrimento dell’anima. Nulla di nuovo quindi con questa meditazione, ma di nuovo c’è una cosa ed è proprio il momento magico di questo incontro tra chi scrive e chi legge.
Afferma infatti Clive Staples Lewis (1898 – 1963) il famoso autore delle LETTERE DI BERLICCHE dove si narra di un diavolo anziano che insegna al nipotino l’arte di tentare l’uomo in maniera infallibile: “Il presente è l’unico punto di contatto tra l’eternità e il tempo”.
Ma veniamo a noi. Due domande introduttive. La prima: perché i farisei e gli scribi chiedono a Gesù spiegazione del comportamento indisciplinato dei suoi discepoli e non la chiedono direttamente a loro, la spiegazione? Forse temevano magari una risposta poco educata qualora l'avessero chiesta direttamente a loro la spiegazione?
Seconda domanda: perché giudicare frettolosamente una persona dai suoi comportamenti esteriori? Non è forse vero che come annota Antoine de Saint-Exupery (1900 – 1944): “L’essenziale è invisibile per gli occhi”?
Tutto infatti nasce dal fatto che “avendo visto” (gli scribi e i farisei) i discepoli di Gesù comportarsi in modo difforme dalle tradizioni, se ne escono con un frettoloso giudizio sommario negativo su di loro?
In ballo quindi c’è la maledetta e diffusissima inclinazione a metter lingua, a tranciare giudizi sulla esteriorità di un comportamento.
E sempre irritante sentirsi giudicati. Ricorda un curioso aforisma: “Non giudicate le persone dagli amici che frequentano. Giuda frequentava persone rispettabilissime”.
È a questo punto che Gesù entra in scena alzando subito il livello della questione. Entra in scena irritato, pescando proprio la tradizione della religiosità vera (cita infatti Isaia) e lasciando in mezzo a una strada e con le pive nel sacco scribi e farisei e tutti quanti i saputoni di ogni epoca fautori di tradizioni autoreferenziali e incapaci di discernere tra esteriorità di un comportamento e cuore del medesimo.
Una santa irritazione quella avuta da Gesù in difesa dei suoi, condita anche con uno sferzante insulto (ipocriti). Come dire che chi giudica male gli altri è lui ad essere malvagio.
Il che fa pensare a quanto tenga Gesù (e il Suo Padre Dio Legislatore) a considerare il dentro e non il fuori delle cose, quanto tenga cioè al cuore e non al corpo “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il cuore è lontano da me”.
Gesù ribadisce quanto indispettisca ed amareggi Dio che si dia più credito alle ripetitive, meccaniche e stucchevoli tradizioni inventate dagli uomini che non al Suo comandamento.
Ne consegue che per non amareggiare ed irritare Dio occorre lavare il cuore e non le mani o i piedi. Lavare ben bene il cuore perché è da lì che scaturiscono le tenebre del male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza (per curiosità, sono 12 le impurità dettagliatamente elencate!).
Un dettaglio conclusivo e magari curioso. L’evangelista Marco riferisce che Gesù, prima di impartire il suo insegnamento, esordisce con un forte richiamo all’attenzione. L’attenzione è quindi la predisposizione interiore necessaria e fondamentale per poter comprendere ogni insegnamento.
Per comprendere bene Gesù che spesso parla per metafore, paradossi e parabole occorre quindi massima attenzione, pena il non comprendere.
A proposito di parabole è curioso notare, infatti, che la parola parabola e la parola diavolo hanno una comune radice etimologica nel verbo della lingua greca “paraballein” (da cui parabola) che significa andare oltre il racconto per accedere al suo significato profondo, e nell’altro verbo della lingua greca “diaballein” (da cui diavolo) che significa separare, dividere e che, quindi, applicato alla parabola potrebbe significare che separare il racconto parabolico dal suo significato comporta di non capirlo.
Se ne può dedurre che “ascoltare distrattamente” (soprattutto quando è Gesù a parlare) potrebbe essere l’anticamera della tentazione, se non una vera e propria raffinata tentazione.