COMMENTO ALLE LETTURE

Oggi, ultima domenica dell’anno liturgico, celebriamo la solennità di Cristo Re.

La liturgia non ci propone il racconto di una manifestazione gloriosa e splendente di Gesù, al contrario, il Vangelo ci presenta una scena dolorosa della passione: il Figlio di Dio viene umiliato e incatenato, è presentato davanti a Ponzio Pilato, che rappresenta l’impero romano, il potere politico.

Gesù è solo, abbandonato da tutti, viene accusato, non ha un avvocato che lo difenda o faccia valere le sue ragioni. Non può esprimere ciò che ha nel cuore.

Ci si potrebbe chiedere chi, tra Pilato e Gesù, è il re, in questa scena.

Chi ha più potere? A chi dei due la storia pagherà il tributo di essere stato nella verità, di aver avuto ragione?

Al momento sembra prevalere Pilato. Per lo meno da un punto di vista umano.

La maggioranza è con Pilato.

Ma a breve i ruoli si capovolgeranno e Gesù sarà glorificato dal Padre, nella risurrezione, mentre Pilato sarà inghiottito dall’oblio della storia. Il suo gesto di lavarsi le mani diventerà immagine proverbiale di inettitudine e mediocrità.

Gesù, durante tutta la sua vita ha servito la verità, ha reso testimonianza alla verità. La verità sul Padre, la verità sulla vita eterna, la verità sulla lotta che l’uomo deve condurre in questo mondo, la verità sulla vita e sulla morte. Tutti campi essenziali, in cui la menzogna e l’errore sono mortali. Ecco cos’è essere re dell’universo: entrare nella verità e renderle testimonianza (Gv 8,44-45). Tutti i discepoli di Gesù sono chiamati a condividere la sua regalità, se “ascoltano la sua voce” (Gv 18,37). È veramente re colui che la verità ha reso libero (Gv 8,32).

La verità non si impone con la violenza, ma con l’umiltà e, a volte, perfino con il silenzio.

 

La Chiesa si trova a metà strada tra il “già” e il “non ancora”.

Sa che Cristo è già Re dell’universo, ma anche che sarà riconosciuto da tutti solo quando “tornerà nella gloria per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine”.

Tra questi due poli, il presente e la speranza futura, si gioca il destino dell’umanità, il nostro futuro personale e comunitario.

In questa tensione positiva, animata dalla speranza, si edifica silenziosamente il Regno di Dio.

Il profeta Daniele, nella prima lettura, profetizza il trionfo finale, futuro, del Figlio dell’uomo: “Tutti i popoli, nazioni e lingue lo serviranno; il suo potere è un potere eterno, che non finirà mai, e il suo regno non sarà mai distrutto”. Questa è la speranza della Chiesa, che è anche certezza, basata sulla Parola di Dio.

Noi vogliamo ascoltare la sua voce, per essere nel mondo fermento del suo regno di giustizia e di pace.

La regalità di Cristo ci coinvolge tutti in un progetto meraviglioso, essere “un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre”, come ci ricorda il libro dell’Apocalisse. Già da ora partecipiamo del sacerdozio di Cristo, della sua profezia, della sua regalità. Con il battesimo siamo stati incorporati a Cristo, sacerdote, profeta e re.

Preghiamo affinché il Signore ci sostenga nel nostro cammino e nello sforzo di edificare quotidianamente il Regno di Dio in questo mondo.

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