Sono trascorsi quaranta giorni dal Natale.
Durante questo tempo abbiamo osservato un certo paradosso: nessuno si è accorto della nascita di Gesù a Betlemme, se non persone “lontane”.
Nessuno degli abitanti di Betlemme se n’è accorto.
Nessuno dei sacerdoti o degli scribi.
Nessuno degli studiosi della Scrittura.
Nessuno dei pii israeliti che, da secoli, aspettavano il Messia e pregavano per poterlo riconoscere alla sua venuta.
Nessuno di quelli che aspettavano Gesù si accorge che Gesù è arrivato.
Chi si è accorto della venuta sulla terra del figlio di Dio?
Se facciamo una lista, c’è da rimanere veramente perplessi: gli unici che se ne sono accorti sono coloro che non lo aspettavano.
I primi ad accorgersi della sua nascita sono stati i pastori, persone ritenute impure, che non avevano nemmeno il diritto di entrare nel tempio. Da un punto di vista civile, i pastori non potevano testimoniare poiché ritenuti ladri e bugiardi. Erano sfruttati e malpagati dai proprietari; spesso sopravvivevano con il furto a scapito dei padroni o di altri pastori, a cui contendevano anche i pascoli (Gen. 13,7 ; 26,20). A causa delle condizioni bestiali nelle quali vivevano, erano emarginati dalle città e dai villaggi, vivevano in aperta campagna nella sporcizia. Da un punto di vista religioso, erano ignoranti della legge e impossibilitati a praticarla, erano esclusi dal tempio e dalla sinagoga. L’ebraismo si basava sul concetto di purità: i pastori non potevano mai avere nessun contatto con Dio proprio per la loro professione che li rendeva continuamente impuri. Erano considerati come bestie selvagge e non avevano nessun diritto umano, non risuscitavano ed era proibito trattenere con loro qualsiasi rapporto.
Il secondo che se n’è accorto è Erode, un re spietato, che trama di uccidere Gesù perché si sente minacciato dalla sua venuta. Sarebbe meglio – diremmo noi – se non se ne fosse mai accorto.
Poi se ne sono accorti i Magi, gente sconosciuta, mai sentita prima, che veniva dal lontano Oriente, che appare sulla scena e poi scompare misteriosamente, senza farsi mai più vedere o sentire. Ancora non sappiamo bene chi fossero questi personaggi.
Solamente oggi, a quaranta giorni dalla nascita, il Vangelo ci racconta di due vecchietti, il santo vegliardo Simeone e la ottantaquattrenne profetessa Anna, che si rendono conto della venuta del Messia. E ringraziano Dio.
Certamente possiamo riflettere su questo aspetto paradossale: Dio si rivela al di fuori delle nostre categorie umane e della nostra logica. Opera delle scelte controcorrente.
Si fa incontrare da persone che magari, secondo il nostro punto di vista, non hanno titolo per incontrarlo. O non sapevano nemmeno che sarebbe venuto a visitarci.
Questo ci insegna che non possiamo chiudere l’azione divina dentro i nostri schemi mentali, ma dobbiamo sforzarci di aprirci a un orizzonte più alto in cui nessuno si deve sentire privilegiato rispetto agli altri e tanto meno deve giudicare il prossimo o considerarlo “lontano”.
Solo Dio sa chi è “vicino”.
Dio sceglie da chi vuole farsi conoscere. Non noi.
Sono trascorsi quaranta giorni, dicevamo, dalla gioiosa celebrazione del Natale del Signore. Oggi ricorre il giorno nel quale Gesù fu presentato al tempio da Maria e Giuseppe. Con il rito della presentazione al tempio Gesù si assoggetta alle prescrizioni della legge. Con le parole della seconda lettura potremmo dire che egli è “divenuto partecipe della carne e del sangue” per rendersi vicino a ogni uomo. Ha condiviso con noi la condizione umana e si è sottomesso alle prescrizioni divine.
Già nella circoncisione, otto giorni dopo la nascita, aveva accolto su di sé il segno della sottomissione alla legge.
Ha fatto tutto questo per amore.
Vediamo qui un segno di umiltà e docilità, come anche di fraterna condivisione della nostra umanità.
Questo ci ricorda che anche noi siamo chiamati ad essere docili alla legge di Dio, la legge dell’amore. Questo è il segno più sicuro che stiamo camminando nella giusta direzione.
Gesù, che è figlio di Dio, si è sottoposto alla legge. Chi siamo noi per non farlo?
In questa celebrazione anche noi, qui riuniti dallo Spirito Santo, andiamo nella casa di Dio incontro a Cristo. Lo troviamo e lo riconosciamo nello spezzare il pane, nell’attesa che egli venga e si manifesti nella sua gloria.
Si tratta di una manifestazione discreta, esteriormente sembra diversa da quella preannunciata da Malachia nella prima lettura. In realtà Cristo si manifesta nella pienezza della sua divinità.
Chiediamo occhi per poterlo riconoscerlo sempre nei segni sacramentali.
Anche noi siamo stati presentati a Dio, nel tempio, come Gesù.
Il giorno del battesimo siamo stati consacrati a lui.
Non è stata offerta per il nostro riscatto una coppia di tortore, ma il sangue di Cristo, agnello immolato.
Questa festa ci ricorda che dobbiamo vivere in conformità e coerenza con le promesse del nostro battesimo.
La candela accesa che teniamo tra le mani e che porteremo a casa al termine della Messa ci ricordi la luce della fede che abbiamo ricevuto nel Battesimo e che vogliamo custodire con cura fino alla fine della nostra vita, quando speriamo di poter entrare nel Tempio eterno, nei cieli.